LA ROSA DELLA PROFEZIA
Nel
roseto che si ergeva al centro del vasto giardino, gli Spiriti
Generatori, che avevano dimora nella linfa di quei rami, elevarono un
lamento triste.
- Nessuno prenderà questa nostra
figliolina, ed è l'ultima di tutti i nostri rami fioriti. Non c'è più nessun
altro bocciolo, e tutte le sue sorelline sono appassite ... una giovinezza
inutile.
La Primavera ha ormai soffiato a lungo
su tutte le nostre speranze, il suo effluvio incantato. I raggi della luna
hanno accarezzato ogni notte il velluto dei petali con la loro freschezza
d'argento ... ma tutto è stato inutile.
Ad una ad una, tutte le nostre figlie
sono appassite sotto la volubilità del sole e del vento ... ora, ce ne resta
una, forse la più bella, ricolma di profumo tra i petali freschi, ancora
racchiusi nella loro pudica adolescenza ...-
- Si, è molto bella questa nostra
figlia, rossa come il fuoco ardente dell'attesa ... ma il sole la vorrà per
sé, e la sciuperà come le altre ... nessuno penserà di reciderla, e la
profezia non si avvererà neppure quest'anno!-
Era molto triste ascoltare il lamento
degli Spiriti Generatori sulle loro bellissime figlie, le rose dai lunghi
gambi uscenti a raggiera dal grande roseto.
- E non basta reciderla - continuò lo
Spirito padre, come inseguendo un sogno impossibile - occorre che sia anche
rubata - e nella frase c'era espressa tutta l'improbabilità di un simile
evento. Recisa e rubata! Un sogno irraggiungibile! Ma solo così la profezia
avrebbe fatto il suo corso.
E non era ancora tutto! Occorreva
un’altra cosa in più, ricordava lo Spirito madre, una circostanza così rara
che il pronunciarla poteva accrescere solo il dolore per la sua esigua
speranza. Questa circostanza pochissime volte si era avverata, ma la sua
presenza era indispensabile!
- Non nasceranno bambine destinate a
conoscere il grande amore neppure quest'anno - gli fece eco, infatti, lo
Spirito madre, aggiungendo il suo rimpianto a quello dello Spirito consorte,
il padre delle splendide rose, ormai tutte destinate a consumare nella vana
attesa l’arco della loro esistenza.
Sull'ultima nata picchiavano i raggi
del sole. Fino a quando avrebbe resistito alla loro violenza, serbando nel
suo seno l'impossibile speranza? Fino a quando avrebbe difeso il profumo
della sua intimità, perché volasse lontano a suscitare un amore raro?
La notte era ormai vicina e le
sofferenze del giorno sarebbero state mitigate dalla luna con 1a sua polvere
d'argento. Un’attesa ancora di poche ore, poi la sua giovinezza sarebbe
stata bruciata dall’astro diurno come 1e cose comuni che non hanno un
destino.
“Non voglio essere una cosa comune
che non ha un destino”- parlò a se stessa con la forza che le dava la
conoscenza del suo mistero - “mi basterebbe uno sguardo innamorato”!
* * *
L'appuntamento era prossimo, e l'auto
correva districandosi fra il traffico cittadino. L'ingegnere lanciò uno
sguardo al cruscotto. L'orologio fosforescente segnava le 20 e 28 minuti.
Era stato pilota d'aerei da caccia durante la seconda guerra mondiale e la
puntualità faceva parte della sua natura.
V’era ancora uno spazio di 120 secondi,
ma il semaforo ne avrebbe mangiati parecchi. Seguì con impazienza 1o
sfrecciare delle automobili che avevano il loro verde all'incrocio. L’ultima
luminescenza del giorno si dissolveva rapidamente nella notte imminente.
Gettò uno sguardo sul sedile posteriore
come volesse accertarsi di una presenza. La rosa se ne stava lì dolcemente
distesa. Sembrava molto felice.
“Una rosa fortunata” mormorò
l'ingegnere nel pensiero. Si sovvenne in quell’istante della profezia e una
luce brillò nei suoi occhi.
Ecco il verde! Le lancette
fosforescenti segnavano le 20 e 29 minuti. Quando premette il pedale del
freno accostando l'auto al marciapiede l'ora dell'appuntamento era trascorsa
da pochi istanti. La bambina, come la chiamava, lo stava attendendo entro
la cinta della propria casa. Di lì a poco l'avrebbe vista uscire
scintillante e chiara, col sorriso splendido dell'attesa compiuta. Gli
sarebbe venuta incontro offrendogli la sua presenza importante.
“Sei l'amore importante, quello grande
ed eterno, quello raro, che viene concesso a pochi”. Con questo pensiero
scese dall'auto per accogliere la bambina, ed aveva una rosa rossa dal gambo
lungo tra le sue mani.
“Una rosa per la piccola Cicci, questa
sera”.
La chiamava piccola Cicci, perché
desiderava proteggerla in ogni istante e sentirsi protetto dal tenero
pensiero di lei. Una rosa per lei, nella sera importante della loro
ricorrenza. Una rosa importante, perché era una rosa della. profezia.
Il pensiero che gli era affiorato
all'improvviso poco prima, era chiaro in ogni particolare. Avrebbe scommesso
che quella rosa non aveva profumo, o meglio, che l'aveva perso, perché era
volato via nell'istante in cui l'aveva recisa. Se ciò fosse stato vero,
questo fatto sarebbe stato la prova inequivocabile che la profezia si era
compiuta proprio su quella rosa. Non osò constatare di persona la
circostanza. Forse la bambina se ne sarebbe accorta da sola.
Ora lei era lì, seduta accanto a lui
sul sedile dell'auto, teneva la rosa in mano davanti al suo volto, e la
osservava con un sorriso tenue e un’aria soddisfatta.
- Porti la rosa come una bandiera - le
disse.
Lei mosse il volto leggermente verso di
lui.
- E' il mio vessillo - rispose. Poi la
annusò e il suo sorriso si smorzò.
- Non ha profumo - disse, sorpresa.
- Certo, è una rosa della profezia...-
- Della profezia? - Il volto della
bambina si era fatto serio e il suo sguardo si posò sull’amato con occhi
stupiti.
- Della profezia, sicuro, l’ho letto in
una favola, le favole a volte si avverano! - iniziò a spiegarle il mistero -
vedi, non ha profumo perché il suo effluvio è volato via nell'attimo in cui
io l'ho recisa. E’ volato per raggiungere una bambina che nasce in qualche
parte del mondo. -
- Una bambina...che nasce in qualche
parte del mondo? -
- Sì, una bambina come te...essa avrà
il tuo stesso destino d'amore!
- E glielo donerà la rosa? -
- Precisamente, il suo profumo,
toccandola, le donerà un amore raro -
- Come il nostro? -
- Uguale, un amore che non morirà, per
questo la rosa ha sacrificato il suo profumo, lasciando per te il suo
ricettaco-lo. E' il più grande omaggio che ti reca, fare nascere al mondo
una bambina come te! -
La Cicci era commossa, e i suoi grandi
occhi verdi si facevano più lucenti.
Dal traffico intenso della sera, la
macchina dell'ingegnere sgusciava a fatica tra i bagliori dei fari di
automobili ignare di profezie.
- Ma - disse la Cicci dopo qualche
istante - come può avvenire che un amore suscitato dal profumo di una rosa
sia molto raro? Vi sono molte rose al mondo! -
- La profezia lo dice. Devono essere
verificate alcune circostanze rare, ma una più rara di tutte -
La Cicci era visibilmente incuriosita;
con la sua rosa portata come un vessillo, aveva il visino intenso proteso
all'attenzione.
- Prima dì tutto - incominciò a
spiegarle l’ingegnere - la rosa deve essere recisa dal donatore stesso, dal
roseto in cui è nata, e deve essere appena sbocciata, ma questo non è ancora
sufficiente...deve essere rubata!
- Rubata?...tu hai rubato questa rosa?
-
- Effettivamente, però non pensavo alla
profezia in quel momento. L'ho rubata, perché rubarla per donarla a te le
conferiva molta più importanza che comprarla in un negozio di fiori. Pensa,
una rosa libera!
- E che altro
doveva accadere, di previsto dalla profezia?
- Che fosse rubata da un innamorato per
la sua in-namorata di un amore vero -
La Cicci dischiuse la sua bocca in un
largo sorriso. La sua mano s’incontrò con quella dell'ingegnere. L'altra
mano reggeva la rosa come una bandiera, davanti al suo volto luminoso.
- E' il mio vessillo! - sussurrò, come
rapita da un pensiero lontano che spaziava in qualche parte del mondo ove
nasceva una bimba col suo stesso destino. Dietro il suo vessillo, il suo
volto manifestava un che di compiaciuto orgoglio ...
F I N E
(Da “Storie di rose, d’ingegneri e qualche
Commissario” di Butto Alberosa)
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